domenica 26 novembre 2006

Web – mare nostrum o mare mostrum?


E’ di questi giorni la notizia dell’inchiesta aperta nei confronti dei responsabili di Google Italia a seguito della pubblicazione del video shock in cui un ragazzo down veniva schernito in modo crudele ed umiliato dai “compagni” di classe. La difesa di Google in sintesi è la seguente: non possiamo controllare tutti i contenuti (specialmente video) pubblicati dagli utenti. E’ nostro compito intervenire solo dopo una segnalazione degli utenti stessi.

Si apre quindi un dibattito che vede divisi, da un lato, i difensori di Google (descritto come un edicolante che mette a disposizione riviste di ogni sorta e che non si assume responsabilità per quanto contenuto) e, dall’altro, gli accusatori che biasimano il motore di ricerca per non aver consentito la diffusione indiscriminata di contenuti a dir poco vergognosi.

C’è però una terza posizione… perché questi episodi di violenza diffusi ci destabilizzano così tanto?

Facciamo un passo indietro.
Nel 1993 abbiamo scoperto che esisteva un nuovo mare in cui navigare: il web. Come bambini che incontrano per la prima volta l’oceano ci siamo avvicinati a poco a poco: i più temerari si sono tuffati, altri hanno timidamente “immerso” delicatamente solo i piedi, altri son tornati indietro impauriti…

Dopo 13 anni molti di noi hanno imparato a conoscere questo mare, insidioso, generoso, infinito…
animato da piccoli e grandi pesci multicolore, squali, razze, cozze e vongole, piovre dai lunghi tentacoli, balene gioiose… un microcosmo di prede e predatori che si incontrano e si scontrano nelle profondità del mare. Vediamo reti invisibili che li catturano e poi rilasciano, pescatori che vanno a caccia di insperati tesori, pirati insolenti che ostentano dobloni, relitti abbandonati nelle profondità selvagge dei fondali… Questo è il Web: mare nostrum (e in alcuni casi) mare mostrum.

L’idea di un web democratico e civile, sinonimo di libertà e diffusione capillare di informazione e conoscenza vacilla ogniqualvolta sentiamo parlare di video violenti e crudeli diffusi senza controllo su siti, portali e motori di ricerca come Google.
Di fronte a questo rimaniamo disarmati.
Che il web sia forse più “bestiale” di quanto pensiamo?

Istinti, desideri, sopravvivenza, selezione, evoluzione… Perché stupirsi di fronte a tutto questo? Non siamo noi a rendere questo mare più ospitale o più selvaggio, non siamo forse noi a colonizzarlo con i nostri valori più profondi?

Personalmente condivido la posizione di Antonio Sofi nel suo post su webgol: "Il semplice fatto che video del genere esistano non stupisce chi conosce internet e soprattutto ha il senso delle proporzioni della sua vastità e dei suoi meccanismi, basati sulle intenzioni di ricerca e non sulle imposizioni broadcast.
Ma ha probabilmente prodotto in molti l’impressione che internet sia uno immenso ricettacolo di varie e sconsiderate pazzie."

Biasimare il web o google per la diffusione di video choc, demonizzare i videofonini perchè alimentano il protagonismo adolescenziale è davvero riduttivo. Non dimentichiamo che il web è un mare imprevedibile, dove migliaia di creature si muovono autonomamente negli abissi marini... Pensiamo davvero di poterle controllare, pensiamo davvero di impedire maree, ondate emotive e tsunami mediatici? Perchè dimenticare d'un tratto i paesaggi mozzafiato che ci regala ogni giorno?

2 commenti:

Giorgio Soffiato ha detto...

In USA ha fatto giurisprudenza la storia di una persona che dopo un attentato (una bomba) mise in commercio delle magliette con scritto "La città X è una bomba" oppure "Emozioni esplosive". Il burlone fece anche in modo di far credere che l'autore fosse un altro e questa terza persona fu letteralmente inondata di messaggi minatori e perse il lavoro. Fu citato in giudizio AOL se non sbaglio perchè il veicolo di tale calunnia era proprio il web. I giudici decisero che AOL non era colpevole perchè se i portali web avessero dovuto assicurare il controllo dei contenuti il costo sarebbe diventato insostenibile e non ci sarebbe stato lo sviluppo di internet. Stessa cosa per google.

Sul video, ciò che a me sciocca è il pestaggio, non il video e la relativa diffusione. Se uno è capace di uccidere è capace anche di tagliare a pezzi il corpo, non fa molta differenza. Il problema a mio avviso è che la gente non vuole vedere e internet obbliga a vedere e per questo è un vero strumento di democrazia. Leggo in questi giorni sui blog del caso Libanowsky, se quanto riportato sul blog di Guzzanti è vero la cosa è sconvolgente e pressochè ignorata dai media classici.. papocchio?

Atinne ha detto...

Ciao Giorgio, hai perfettamente ragione, la stagione dei video shock sta raggiungendo il suo culmine. Siamo davvero in anni bui da questo punto di vista. Un medioevo fatto di brutalità, sacrifici e gogne pubbliche. Non dimentichiamo i video di Alquaeda trasmessi su internet e parzialmente in TV.. incubi dei nostri tempi che colpiscono in profondità. Ma non dimentichiamo neanche la potenza dirompente di Free Hugs, la bellezza di regalare abbracci e di scambiare tenerezze una volta tanto in modo spontaneo. Un fenomeno che ha infranto tutte le barriere... non solo fisiche ma soprattutto psicologiche...